Non bastavano G7 e il Forum BCE di Sintra. A Madrid inizia un vertice Nato che si preannuncia storico, con il via libera di Erdogan all’ingresso di Svezia e Finlandia, Paesi verso i quali aveva posto un veto (l’adesione di nuove Nazioni può avvenire solo se tutti gli stati membri danno il loro ok); fatto che, con tutta probabilità, alzerà ancor di più le tensioni tra l’Occidente e la Russia.
E già si parla del futuro G20, previsto per l’autunno in Indonesia. Un vertice che si preannuncia non semplice: infatti la Russia, in quanto appartenente al “club” dei 20 Paesi economicamente più forti al mondo, dovrebbe parteciparvi di diritto. Se non che l’attuale situazione geo-politica, come ovvio, ha cambiato le “carte in tavola” e consiglia un atteggiamento diverso. Se ne è fatto portavoce il nostro Presidente Draghi, evidentemente molto a suo agio nei contesti internazionali, probabilmente grazie alla leadership che gli viene riconosciuta, ben lontana dalle continue mediazioni a cui è costrette dalle “baruffe chiazzotte” di casa nostra. Infatti, a margine del G7 che si è chiuso ieri in Germania, l’ex Presidente della BCE ha dichiarato che la “Russia non potrà partecipare all’incontro”, affermazione che ha fatto innervosire Putin, che si è affrettato a dichiarare che non sta a Draghi chi può partecipare o meno al convegno. Affermazione corretta in termini di principio, ma che non tiene conto, evidentemente, del fatto che quello di Draghi non è, evidentemente, un pensiero estemporaneo o che si limita ad esprimere un proprio punto di vista, ma è fatto da parte di un leader politico che, prima di lasciarsi andare ad opinioni personali, le ha condivise con gli altri Capi di Stato o di Governo.
Dal G7 appena concluso, al di là delle 30 pagine del comunicato finale, forse la decisione più forte è quella di ricercare un accordo per la definizione ad un tetto sul prezzo dell’energia, a partire dal petrolio (anche se la vera scommessa è sul gas). Altre decisioni sono attese per quanto riguarda nuove sanzioni, mentre più vaghe sembrano quello sul fronte climatico (non a caso il carbone, sino a pochi mesi fa quasi messo al bando, oggi è tornato in auge: si calcola che quest’anno si arriverà a consumarne, in tutto il mondo, oltre 7 MD di tonnellate, alla faccia del surriscaldamento ambientale…).
In Portogallo, invece, la Lagarde ribadisce che la Banca Centrale Europea non starà con le mani in mano.
L’eredità del Pepp (€ 200MD di titoli che arriveranno a scadenza) verrà “reinvestita” in nuove sottoscrizioni, però “discrezionali” in termini di Stato che emetterà i titoli (se arriveranno a scadenza, per es, bund tedeschi, non è detto che si comprino altri bund ma la BCE potrebbe optare per BTP Italiani o Bonos spagnoli, in funzione di quella che sarà la situazione degli spread).
Allo stesso tempo, viene confermata la volontà di “costruire” uno strumento che possa proteggere i Paesi finanziariamente più deboli e quindi più soggetti agli attacchi della speculazione (tutti ricordiamo bene il 2012, quando lo spread raggiunse i 575bp, con i BTP che schizzarono ad oltre il 7%). E, non ultima, anche la conferma del rialzo (0,25%) il prossimo 21 luglio, a cui ne seguirà un altro a settembre, la cui entità dipenderà dalla situazione in cui ci troveremo in quel momento.
Intanto il nostro Governo si prepara a nuovi interventi per combattere gli aumenti energetici. Dopo la proroga al 2 agosto del taglio delle accise sui carburanti e lo stanziamento di circa € 13MD per il contenimento del costo delle bollette (luce e gas, secondo Nomisma, potrebbero aumentare di circa il 17 e il 27%), pare che ne serviranno altri 8. Maggiori costi che potranno essere finanziati dall’aumento delle entrate fiscali: il buon andamento dell’economia, infatti, vede un incremento delle entrate fiscali del 12%, grazie soprattutto all’aumento del gettito IVA e dei contributi sociali per l’aumento del mercato del lavoro. Senza contare l’arrivo di € 10MD del Recovery Fund e il contenimento dei costi legati al fabbisogno statale. Così si spiega anche la conferma di contenere al 5,6% il rapporto deficit/PIL nonostante il forte aumento degli interventi di cui sopra.
Ieri chiusure negative per Wall Street, con il Nasdaq arretrato del 3%, anche a causa della discesa ai minimi dal febbraio 2021 della fiducia dei consumatori USA.
L’effetto si fa sentire oggi sugli scambi asiatici, con gli indici ovunque in calo: Nikkei – 0,91%, Shanghai – 1%, mentre fa peggio Hong Kong, in arretramento del 2%.
Futures intorno alla parità in Usa, mentre sembrano più pesanti in Europa, con cali vicini all’1%.
“Sparata” del petrolio, che si porta a $ 111,34 con un rialzo del 6,67%.
Lo “segue” il gas naturale Usa, che sale del 2,75% a $ 6,761, mentre è stabile quello europeo, con il megawattora a € 130 circa.
Oro in leggera flessione a $ 1.817.
Si porta sotto i 200 bp lo spread (198,50).
In rafforzamento anche il $, con l’€/$ a 1,049.
Nuovo calo per il Bitcoin: questa mattina lo troviamo a $ 20.100, – 3,60%.
Ps: compie 15 anni l’iPhone, uno dei simboli del nostro tempo. Infatti correva il 29 giugno 2007 quando la società di Cupertino lanciava il 1° modello. All’epoca, l’azione Apple valeva $ 4,35, per una capitalizzazione pari a circa $ 105 MD. In quindici anni la rivalutazione è stata del 4.000 per mille, consentendo alla Apple di essere la 1° società con un valore superiore ai $ 1.000 MD. Oggi, nonostante la caduta dei mercati da gennaio ad oggi, ne vale 2.300…